Il testo Lupiae, dedicato alla città di Lecce, è stato pubblicato sulla rivista letteraria “Il Segnale”, n. 102, ottobre 2015.
LUPIAE
ditele che l'asfalto è un foglio
almeno una domenica al mese
e che venga a stendere i versi
tra albero e albero
ma ben aperti
le terrazze guardano troppo in alto
all'alba
in questa città di pietra
e cartapesta
un giro in bici tra Porta Rudiae
e il Duomo
non basta per raccontare una storia
dove le chiese stanno sempre all'erta
per consentire svolte
eppure i mari cantano
e non sono lontani
le parole sono sfrontate a volte
come le figure grottesche
al sole
sulla facciata di Santa Croce
tra le foglie dei fichi
il barocco non concede rimpianti
Pianterreno del Louvre, ala Sully, sala 16. A Mario
«Riportami alla mia isola!
sono stanca d’occhi
e immobilità
meglio era essere divisa
in due che portare la mela
del vincitore
la mia bellezza da gendarme,
caro Renoir, m’estenua
sotto i fari
e poi, chi mi ha sottratto
orecchini bracciale e fascia per capelli?
è dura l’ansia dei fori vuoti
pazienza la nudità,
ma non sapere neanche chi sono
e cosa ho perduto…
dammi la corona o almeno lo specchio
o uno scudo!
come vuoi che mi guardi il naso posticcio?
ed essere perfetta sempre
in assenza di braccia mani
e pure di un piede, credimi, stanca
potrei appoggiarmi a una colonna
o alla tua spalla
quest’aria viziata mi sfianca»
«E, così, mia cara,
anche la Venere di Milo suda
attraverso il marmo…»
Se nel campo dove
alcuni sono capaci ancora
di tenere al filo le nuvole
non la vedrai
è perché seppe
di non avere albero ad aspettarla
né come con cui essere chiamata
scoprì che con la pioggia
se n'erano andati i colori
senza lasciare promesse
lei che avrebbe voluto anche solo
una lettera
per farsene iniziale e cuscino
l'ora legare giunge
incurante di una primavera crudele
così ogni giorno le strappano
la notte di dosso
e non sanno quanto fa male restare lì
nuda di parole
rosicchiando una radice amara
e ricordando giusto un titolo
molto rumore per nulla
Quando mi svegliai
anche i sogni avevano
occhi
spalancati
le luci del passato
lampadari spenti nel buio
d’improvviso accesi
il sottosuolo si spalancò
come memorie
perdute e ritrovate
dentro un flusso
ininterrotto
di parole
Fu cadere in un pozzo
la verità
Il passato è statua
immobile
d’angelo ambiguo
che cova silenzio
con una mano incrociata
sul petto
l’altra celata
a brandire una spada
Pagati i sogni goccia a
goccia
oggi ho scagliato
un fendente
per infrangere
i cristalli di ghiaccio
del ricordo
e ritrovare in ogni
scheggia
me stessa